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faq
In che formato va
inoltrato il materiale,
e con quali modalità?
In genere oggi i mix dei brani sono
realizzati direttamente con un
sequencer audio digitale e quindi
salvati su hard disk sottoforma di
files. Da preferirsi sono i formati
WAV o AIFF con risoluzione minima di
24bit e frequenza di campionamento
di 48 kHz o superiore, le ragioni di
tali preferenze risulteranno più
chiare proseguendo con la
consultazione di questa pagina. Se
avete effettuato il mixdown in
analogico su un tape recorder
è preferibile che la
digitalizzazione dei mixaggi sia
compiuta leggendo il nastro con la
stessa macchina con cui è stato
registrato, se vi serve supporto
nell'acquisizione AD contattatemi.
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I mix possono
essere inviati via internet, i servizi di
file sharing come
WeTransfer/Filemail/SwissTransfer/Sendspace
svolgono molto bene il loro compito così
come i vari clouds tipo Google Drive o
Dropbox. Un'unica accortezza: meglio zippare
sempre i files audio, non solo per
ottimizzarne gli ingombri. I documenti
contenuti in un archivio sono "in
cassaforte" perché nel corso della
trasmissione non si possono verificare
corruzioni interne, l'audio è quindi al
sicuro. In alternativa potete scriverli su
DVD±R da consegnare a mano o spedire tramite
corriere all'indirizzo indicato nei contatti.
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Stiamo per
mixare, hai indicazioni tecniche utili
in prospettiva mastering?
È preferibile che i mixaggi digitali abbiano il
picco massimo attorno a -2.5 / -2.0 dBTP in modo da
preservare un certo headroom per gli interventi
successivi. Se possibile evitate di inserire
compressori o limiter sul master a meno che non
abbiano una cruciale funzione espressiva. Effettuate
i mixdown alla stessa risoluzione e sample rate
delle vostre sessioni, senza applicare dithering.
Non normalizzate i mixdown e non applicate
dissolvenze di alcun tipo ma scrivetene le
caratteristiche desiderate in un file readme da
allegare ai mixaggi o a una e-mail.
Quali altre informazioni ti
sono necessarie?
Contestualmente ai pezzi da masterizzare è opportuno
che mi si inoltrino i titoli definitivi degli
stessi, il nome dell'artista/band e il titolo
dell'album. Questo perché grazie al formato CD-TEXT
tali informazioni vengono salvate nel DDP/PMCD da
cui si ricaverà il glass master per la stampa e
scorreranno quindi sul display dei lettori
compatibili (contrassegnati con questo marchietto). E' inoltre
importante che mi si metta al corrente dell'ordine
definitivo dei pezzi sin dalle prime fasi del lavoro
assieme ad annotazioni riguardanti distanze tra i
brani ed eventuali montaggi o dissolvenze da
effettuare. Nel caso in cui l'etichetta discografica
abbia attribuito un barcode EAN all'album e codici
ISRC ai singoli brani dovrete trasmettermeli al più
presto, anch'essi vanno inseriti nel DDP/PMCD in
fase di mastering. Molti impianti di stampa
richiedono che l'eventuale PMCD fisico riporti
esternamente il numero di catalogo del supporto, se
ne siete già al corrente comunicatemelo. Allo scopo
di raccogliere tutti questi dati in modo simultaneo
e chiaro ho predisposto il modulo di conferimento
d'incarico che trovate nella sezione downloads. Solitamente inoltre
a lavori ultimati riporto gli album o singoli alla
cui preparazione ho contribuito nella pagina credits,
se ciò vi fa piacere mandatemi un piccolo jpg della
copertina e i dettagli relativi a etichetta,
distribuzione e siti web vari.
Cos'è il CD-TEXT?
Coincide con i metadata degli mp3/m4a?
Il CD-TEXT è il protocollo implementato negli '80 da
Sony e Philips quando assieme hanno raccolto nel Red
Book le specifiche tecniche standard del CD-DA (Compact Disc Digital
Audio). Esso prevede che nei CD audio
possano essere inserite una serie di informazioni di
cui solo tre sono in seguito state "legittimate"
dall'uso reale: nome artista, titolo album, titoli
tracce. Si tratta di uno standard poco versatile e
mal supportato ma è comunque il caso di sfruttarlo,
nonostante a volte riservi pure qualche grana: mi
riferisco per esempio al language code diversamente
interpretato dai vari CD players o alla
visualizzazione imprevedibile di caratteri
particolari come le vocali accentate, per nulla rare
nell'italiano. Niente a che vedere con altri
standard di tagging
audio successivi e molto più efficienti come quelli
interni ai formati compressi o disponibili in
database accessibili dalla rete
(come il famoso Gracenote).
In cosa differiscono PMCD e DDP?
Il PMCD (Pre Master Compact Disc) è il
supporto fisico da cui l'impianto di replicazione
ricava il glass
master per la stampa delle copie. Si tratta
di un particolare CD-R che contiene tutti i codici
PQ previsti dal citato Red Book, scritto unicamente
con macchine dedicate. Il glass master può
essere ottenuto anche dal DDP (Disc Description Protocol) che
invece è un file riportante le medesime
informazioni. La differenza più ovvia è che il primo
dev'essere spedito tramite corriere mentre il
secondo si inoltra caricandolo in rete, i tempi di
consegna passano quindi da qualche giorno a 5
minuti. Ma il vantaggio più importante del DDP è
senz'altro tecnico: ogni operazione di scrittura e
di rilettura di un supporto implica non azzerabili
rischi di errori che vengono del tutto evitati con
il formato DDP. E' sempre quindi preferibile mandare
in stampa i master con questa modalità, non prima di
aver verificato che sia prevista e accettata
dall'impianto prescelto. Il link per il download del
DDP sarà comunicato alla label o all'artista che in
un secondo momento lo girerà al duplicatore, lo
scopo di questo passaggio intermedio è quello di
permettere lo svolgimento delle ultime
controverifiche scrivendo una vera e propria "copia
zero" del CD. Essa risulterà identica al singolo bit
ai dischi che usciranno dalla linea di produzione,
ricavarla sarà semplicissimo grazie al
multipiattaforma "dEdD.eu
DDP Player by HOFA" incluso
nel pacchetto che - senza necessità di
installazioni, registrazioni o attivazioni di alcun
tipo - consentirà anche l'export dei singoli brani
nei formati audio più diffusi.
Cosa si intende con gli acronimi
ISRC e EAN/MCN?
I codici ISRC (International Standard Recording Code)
identificano univocamente ogni registrazione audio e
video, si tratta di una convenzione internazionale
che nel territorio italiano è gestita dalla FIMI.
Solitamente vengono attribuiti dagli editori, in
alternativa è a essa che ci si deve rivolgere per
richiedere i tre caratteri alfanumerici che faranno
da "radice" dei vostri codici. Potete consultare il
sito linkato anche per qualsiasi ulteriore
chiarimento in merito a finalità e prerogative del
sistema. Il codice EAN (European Article Number) pressoché
coincidente con l'MCN (Media Catalog Number)
è invece inerente agli aspetti commerciali di
un'opera, sia essa stampata su supporti fisici che
distribuita digitalmente. In sintesi è la parte
numerica del codice a barre riportato sulla scatola
di ogni CD, va inserito anche nel master per la
stampa delle copie, se ne disponete comunicatemelo
assieme alle altre informazioni richieste.
Evo mastering: di che cosa si
tratta?
È una procedura che ho applicato per la prima volta
sull'album "Standard" di Francesco C (Mescal,
2001) in collaborazione con il produttore di quel
lavoro, Roberto Vernetti. Consiste
essenzialmente nell'attuare il mastering da submixes
anziché dal mix stereo ed è una mossa che in certe
situazioni si rivela molto proficua, specie quando
c'è qualche precisa ragione tecnica per ritenere che
il mastering possa introdurre ulteriori assestamenti
nelle proporzioni tra i vari strumenti. Di solito
consiglio di preparare gli stems separati di base
ritmica (batteria, percussioni, loops elettronici),
basso, chitarre, eventuali synths o samples o
special FX e voci. Dal punto di vista del mastering
nel caso per esempio di presenza di risonanze delle
pelli inferiori di tom e timpani oppure di esubero
di S, Z e consonanti taglienti in genere sulla voce
o ancora di eccessiva "cupezza" di una chitarra
acustica a fronte di piatti e charleston fin troppo
frizzanti può essere un metodo molto efficace per
operare con la precisione e la profondità necessarie
sulla sezione interessata senza che ciò abbia
ripercussioni indesiderate sugli altri strumenti. Va
anche detto che inevitabilmente questa procedura
aumenta le variabili in gioco perché si demandano a
chi cura il mastering anche alcune scelte finali
relative agli equilibri tra gli strumenti. Meglio
quindi imboccare questa via quando si hanno
tempistiche flessibili che consentano una accurata
controverifica da parte della produzione,
dell'artista o della band. Rispetto a operazioni più
"convenzionali" l'Evo mastering ha un costo
maggiore come evidenziato in calce al prospetto
scaricabile dalla pagina dei downloads.
I brani usciranno anche su
vinile,
è opportuno un mastering specifico?
Le peculiarità fisiche del supporto in vinile
obbligano ad attenersi a caratteristiche di risposta
in frequenza e di range dinamico differenti da
quelle consone per un CD audio. Già in fase di mix
sarebbe inoltre consigliabile evitare controfasi o
eccessive aperture stereofoniche nella gamma delle
medio-basse, rimanendo quanto più possibile in mono
sotto una certa frequenza. La stereofonia là dove i
cicli sono particolarmente ampi può infatti
comportare anomalie del solco che provocano il salto
della puntina. In ogni caso la risposta è "sì, per
la stampa su vinile è più che opportuno eseguire una
lavorazione mirata diversificando il mastering
rispetto a quello per CD sin dalla fase degli
interventi timbrici preliminari". L'intento infatti
è che il tecnico preposto al cutting possa
riprodurre i master forniti 1:1, cioè senza dover
applicare correttivi dell'ultimo minuto che
esulerebbero dal mio
e dal vostro controllo.
Intendiamo pubblicare il
singolo/album online,
è rilevante per il mastering?
Sì, lo è. La compressione dati che porta
all'ottenimento di files mp3/m4a e similari può
avere effetti collaterali evidenti se applicata su
master ottimizzati per la scrittura su CD. Vanno
inoltre considerati i diversi comportamenti delle
varie piattaforme in termini di gestione del
loudness, mi riferisco alla discussa funzione Sound Check di
iTunes come agli attuali algoritmi di
normalizzazione del loudness di YouTube e dei
servizi di streaming tipo Spotify. In sintesi, vista
l'attuale importanza della cosiddetta distribuzione
digitale, è senz'altro il caso di mettere a punto
delle versioni specifiche riservate a questo tipo di
impiego che prevengano il più possibile ogni
deterioramento qualitativo. Senza entrare
nell'ambito Hi-Res Audio e Apple Digital Master
che meritano alcune faq tutte per loro.
Masterizzato per iTunes:
quali sono i presupposti?
All'inizio del 2012 in iTunes giunsero alla
conclusione che i tempi fossero maturi per compiere
un sostanziale passo avanti in termini qualitativi.
Negli anni immediatamente precedenti infatti
prestazioni e costi delle reti e dei supporti di
archiviazione avevano di fatto reso anacronistico
qualsiasi sforzo di contenimento degli ingombri che
andasse a discapito della qualità. Fino ad allora
tutta la discografia presente nello store derivava
direttamente dai CD audio, con l'introduzione del
programma "Mastered for iTunes"
(MFiT per gli amici) ci si è svincolati da quel
collo di bottiglia: il formato finale AAC a 256 kbps
viene infatti ricavato da master ad alta risoluzione
traendone concreti vantaggi. Con l'occasione sono
anche state tracciate importanti linee guida volte a
scongiurare il clipping nei formati compressi che
fino a quel momento era ampiamente diffuso e
tollerato. Quando registrazioni e mixaggi sono stati
svolti a risoluzioni maggiori di quelle del CD-DA,
quindi a partire dai 48kHz/24bit, è senz'altro il
caso che in sede di mastering vengano messe a punto
anche le versioni che si attengono a
questi specifici criteri. Dall'agosto 2019
Mastered for iTunes diventa Apple Digital
Master: la sostanza rimane la stessa ma il
programma viene ufficialmente esteso anche allo
streaming di Apple Music.
Apple Digital Master:
cosa comporta, e come vi si accede?
La preparazione dei master a piena risoluzione nel
rispetto dei dettami tecnici di Apple ne permetterà
la pubblicazione nel formato ad alta qualità
contrassegnato dal badge
"Apple Digital Master". Esso beneficia anche
di una visibilità maggiore all'interno dello store
grazie alla sezione dedicata, una vetrina ancora
piuttosto elitaria visto che per il momento l'ex
MFiT ora Apple Digital Master sembra essere
prerogativa delle grosse produzioni internazionali.
Ed è un peccato dal momento che solo in questa
modalità la musica distribuita digitalmente può
suonare davvero meglio di quella stampata su CD. Un
altro aspetto rilevante è che pure a fronte di
caratteristiche qualitative nettamente migliori gli
album e i brani Apple Digital Master hanno
lo stesso costo al pubblico di quelli standard, si
tratta quindi di un effettivo valore aggiunto privo
di qualsiasi ripercussione sull'acquirente che
potrebbe trovarsi a scegliere tra più uscite anche
in base a questa peculiarità. Apple Usa ha disposto
che questo formato possa pervenire solo da mastering engineers
e aggregatori certificati seguendo un preciso
protocollo; dopo aver collaudato varie modalità di
consegna ad Apple (non prive di contrattempi) ho
instaurato alcune collaborazioni continuative che
permettono di svolgere il caricamento in maniera
semplice, sicura ed economica. Se lo riterrete utile
sarà un piacere per me assistervi nelle fasi di
pubblicazione del vostro album o singolo Apple
Digital Master.
Quali altri vantaggi può portare
il mastering ad alta risoluzione?
Negli ultimi mesi stiamo assistendo a una
consistente affermazione dell'Hi-Res Audio online
che viene supportato da un numero crescente di stores musicali
e servizi di streaming. I più noti sono certamente
Deezer, TIDAL, 7digital, Qobuz, Onkyo Music,
HDTracks e Bleep ma la lista è destinata ad
allungarsi rapidamente. Il mastering ad alta
risoluzione apre le porte pure a questo particolare
tipo di distribuzione, anch'esso certificato da un
ente di controllo (la JAS, Japan Audio Society) e
contraddistinto da un suo marchio identificativo. A
seconda della piattaforma prescelta il formato audio
finale potrà essere FLAC/ALAC (compressioni
lossless) oppure WAV/AIFF (formati non compressi)
fino ad arrivare al nuovo MQA (Master Quality
Authenticated): i piatti MP3 di stretta derivazione
CD-DA saranno presto solo un ricordo.
Dolby Atmos Music, Apple Spatial Audio,
360RA,
suono 3D... come funzionano?
Queste tecniche tipicamente trainate
dall'entertainment (cinema, gaming, realtà virtuale)
vengono ora impiegate con risultati molto
convincenti anche in ambito strettamente musicale
con l'affinamento della binauralizzazione. Grazie
alla psicoacustica è oggi possibile vivere
un'esperienza d'ascolto immersiva anche nell'ascolto
in cuffia, questo rende indubbiamente più diretta e
semplice la fruizione di audio spazializzato basato
su oggetti visto che permette di svincolarsi da
ambienti ottimizzati e sistemi multispeaker. Dopo
anni di sperimentazioni con alterne fortune e esiti
non sempre eclatanti il formato che oggi traccia il
confine tra pionierismi e standard ufficiali è il
Dolby Atmos Music, adottato nel 2022 da molti
servizi di streaming (Amazon Music, TIDAL, Hungama,
VIBE e Anghami) nonché da Apple che lo contrassegna
con la dicitura "Spatial Audio". Per approfondimenti
su come si potrà impostare la lavorazione dei vostri
brani ai fini di tale modalità di pubblicazione sarà
un piacere confrontarsi, scrivete una riga o
chiamatemi.
Realizzeremo
anche un videoclip,
serve un master audio apposito?
Nel corso della lavorazione di un videoclip gran
parte delle attenzioni è riservata alla parte
visuale, è comprensibile ma se poi nel momento del
rendering finale si sincronizza l'audio grabbato da
un CD si spreca un'ottima occasione. Questo perché
interverrebbero conversioni di sample rate superflue
e a volte poco accurate (qui tornano d'attualità i
48kHz, standard in ambito video vs. i 44,1kHz del
CD-DA), ma non solo. Ho già accennato qui sopra alla
loudness normalization
di YouTube, in sintesi un algoritmo di controllo
attenua il volume dei video che presentano valori
RMS troppo elevati e al contrario enfatizza quello
dei videoclip con caratteristiche opposte. Come
sempre in questi casi l'obiettivo ideale è che
l'audio venga riprodotto 1:1, cioè nella forma
originaria, senza alcun tipo di ingerenza
post-mastering (tecnicamente sempre poco ortodossa e
per nulla controllabile). Per raggiungerlo va
individuata di caso in caso la forbice ideale entro
cui rientrare con il volume percepito, il cosiddetto
loudness target
che consenta di dribblare qualsiasi intervento degli
algoritmi automatici. Quindi sì, la preparazione e
l'impiego di un master mirato per il videoclip è più
che consigliabile ed è sempre mia cura proporlo
(senza alcun costo aggiuntivo, naturalmente).
A proposito di video:
come funziona il "YouTube's Content ID"?
È un sistema basato sulla scansione dei contenuti
audio presenti in YouTube che attribuisce diritti ai
proprietari della musica pubblicata, si tratta di
royalties sulle entrate provenienti dalle
riproduzioni dei videoclip. In inglese si impiega il
termine monetizing
che mi rifiuto di tradurre, il meccanismo in ogni
caso è utile ed efficiente perché consente di tenere
traccia di qualsiasi utilizzo delle proprie
composizioni in YouTube (anche se fatto da terzi).
Nell'era della distribuzione digitale la musica
diviene presto disponibile ovunque nel web ma pare
che il 90% delle produzioni indipendenti non siano
inserite nel sistema di Content ID, il mio
suggerimento è senz'altro quello di aderirvi. Molti
aggregatori propongono l'attivazione del servizio
contestualmente al caricamento delle tracce nelle
varie piattaforme online.
Cosa si intende per
"remastering"?
Si tratta di un insieme di procedure e tecniche atte
a ottimizzare la resa sonora di materiale registrato
in passato. Come è noto negli ultimi decenni il
settore della produzione musicale si è sviluppato in
modo estremamente rapido e con esso si sono evoluti
gli standard di riproduzione e le modalità di
diffusione. Si è passati dalle riprese analogiche su
nastro alle registrazioni digitali "primordiali" a
16bit fino all'alta risoluzione attuale, da
musicassette e vinili a CD e MP3 fino agli odierni
formati compressi a elevata qualità idonei per lo
streaming. Questo percorso ha comportato fasi in cui
il mastering non era contemplato ma anche periodi in
cui lo stesso ha introdotto più danni che migliorie,
il riferimento è alla prima stagione del digital
audio "di massa" (collocabile tra fine '80 e primi
'90) in cui le tecnologie impiegate - benché
costosissime! - erano ancora piuttosto
approssimative e ai deleterei decenni successivi,
dominati dalla loudness war.
Mi piace pensare che il contesto attuale sia quello
ideale perché consente l'accesso ad attrezzature
allo stato dell'arte e soprattutto l'adozione di un
approccio generale molto più maturo e consapevole.
Potrebbe essere quindi il momento giusto per
rimettere mano ad album pubblicati anni addietro,
magari ri-acquisendoli in analogico per procedere
con un remastering che introduca concreti benefici
nel rispetto delle loro peculiarità. Attualizzare la
risposta timbrica delle tracce (al di là degli
eventuali interventi restaurativi) preservando o
addirittura migliorando il range dinamico
originario.
È possibile interagire nel corso
del mastering?
È necessario! Ogni operazione di mastering inizia
con una fase di approfondimento su uno o più brani e
prosegue con la messa a punto di un primo master
"pilota" su cui confrontarsi e svolgere tutte le
considerazioni del caso. In questo modo è possibile
confermare gli aspetti pienamente convincenti e
correggere il tiro su quelli che eventualmente
dovessero richiederlo. Ritengo appropriato impostare
gli interventi necessari in autonomia seguendo il
mio gusto e la mia esperienza oltreché nel rispetto
dei numerosi criteri oggettivi attuali ma considero
fondamentale il coinvolgimento degli
artisti/produttori e di chi ha seguito le fasi
tecniche precedenti in modo che il risultato finale
rispecchi il più possibile le loro aspettative.
Alcune delle scelte che si compiono in mastering
hanno infatti evidenti ripercussioni
sull'espressività delle opere. Questa interazione si
concretizza con preliminari confronti di opinioni e
intenti tecnico/artistici seguiti da ascolti delle
tracce masterizzate svolti in tempo pressoché reale.
E' importante che questa fase di verifica si compia
in situazioni d'ascolto conosciute (ciascuno ha le
proprie preferenze, dallo stereo di casa
all'impianto dell'auto passando per gli earbuds), senza
assilli ma con la serenità e l'obiettività richieste
quando si prendono le decisioni definitive che
precedono una pubblicazione.
Quali sono le tempistiche? E i
costi?
A titolo indicativo: il mastering di un disco
full-length richiede circa una settimana, comprese
le fasi di verifica da parte
dell'artista/produzione. Quando si tratta di un
singolo di solito 3 o 4 giorni si rivelano più che
sufficienti, nel caso di Evo mastering è
opportuno considerare qualche giorno in più. Ai fini
dell'ottimizzazione dei tempi è essenziale che tutte
le informazioni approfondite nelle faq precedenti
(titoli, codici, tracklist etc.) mi siano comunicate
sin dall'inizio della lavorazione, preferibilmente
raccolte nel citato modulo di conferimento
d'incarico disponibile nei downloads. Nella stessa pagina
trovate anche il prospetto indicativo dei costi di
mastering, consultatelo per avere un'idea di massima
della possibile spesa finale. Sono previste piccole
"smussature" per dischi autoprodotti e lavori
promozionali non destinati alla commercializzazione.
I dettagli precisi su entrambi questi aspetti si
individuano caso per caso, se gradite un preventivo
personalizzato contattatemi.
Vorremmo inserire i credits di
mastering, come vanno riportati?
Innanzitutto grazie della scrupolosità, è sempre un
piacere figurare nei credits di un disco. Ecco le
mie diciture standard, rispettivamente per
libretti in italiano e inglese:
(Evo) mastering:
Mauro Andreolli -
das Ende der Dinge, @dEdD.eu
(Evo) mastered by Mauro Andreolli
- das Ende der Dinge, @dEdD.eu
ma sentitevi liberi di adattarli all'impostazione
scelta per le altre note di copertina. Nel caso in
cui ci sia il posto per una piccola immagine trovate
il logo di das Ende der Dinge ad alta
risoluzione nell'area downloads. In attesa che il
booklet digitale diventi consuetudine potete
menzionare/taggare @dEdD.eu nel campo
descrittivo dei vostri videoclip in YouTube.
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